Tre miliardi di euro, sei grandi banche internazionali e un obiettivo preciso: salvare gli oceani dall’inquinamento plastico entro il 2030. È questo il cuore pulsante della Clean Oceans Initiative 2.0, il nuovo piano d’azione presentato alla Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani di Nizza.
Il dato da cui parte tutto è allarmante: se non si interviene con decisione, i rifiuti plastici negli oceani potrebbero triplicare entro il 2040, passando dagli attuali 11 milioni di tonnellate fino a 37 milioni all’anno. Ecco perché sei delle più importanti banche di sviluppo del mondo – Cassa Depositi e Prestiti (CDP), Agence Française de Développement (AFD), Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW), Banca Europea per gli Investimenti (BEI), Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) e la nuova partner Banca Asiatica di Sviluppo (ADB) – hanno deciso di unire le forze.
Una strategia globale, concreta e multilivello
Il piano prevede la mobilitazione di 3 miliardi di euro tra il 2026 e il 2030, puntando su tre azioni chiave:
- Prevenzione dell’inquinamento plastico
- Sviluppo dell’economia circolare
- Promozione di alternative sostenibili alla plastica tradizionale
Un cambio di paradigma rispetto al passato, quando l’attenzione era rivolta soprattutto alla gestione dei rifiuti già prodotti. Oggi si guarda soprattutto a interventi strutturali nei territori più vulnerabili, come Asia, Africa e America Latina. In queste aree, infatti, la gestione dei rifiuti e delle acque rappresenta una delle sfide ambientali più urgenti, soprattutto nelle zone costiere e fluviali ad alta densità abitativa.
Il ruolo dell’Asia e il problema dei fiumi
L’ingresso della Banca Asiatica di Sviluppo non è casuale. Proprio dall’Asia proviene una quota significativa della plastica che finisce in mare, trasportata dai grandi fiumi in cui spesso confluiscono i rifiuti di metropoli sprovviste di sistemi di raccolta adeguati. Il 70-80% della plastica marina proviene da fonti terrestri, una conferma del fatto che affrontare il problema a terra è cruciale per la salute dei mari.
Una prima fase già vincente
La Clean Oceans Initiative non parte da zero. La prima fase del progetto, avviata nel 2018 e conclusa con ben sette mesi di anticipo nel maggio 2025, ha mobilitato oltre 4 miliardi di euro. I risultati parlano da soli:
- Trattamento delle acque reflue migliorato in Sri Lanka, Cina, Egitto e Sudafrica
- Gestione dei rifiuti solidi potenziata in Togo e Senegal
- Opere di protezione dalle inondazioni realizzate in Benin, Marocco ed Ecuador
Microplastiche: il nemico invisibile
Ma la battaglia non si ferma alla plastica visibile. La Clean Oceans Initiative 2.0 punta ora anche al contrasto delle microplastiche, minuscole particelle (spesso invisibili) che finiscono nei mari in una quantità stimata di 1,5 milioni di tonnellate all’anno. Rappresentano oltre il 10% dell’inquinamento plastico marino e il loro impatto sugli ecosistemi e sulla salute umana è ancora oggetto di studio. Ma una cosa è certa: sono già entrate nella catena alimentare.
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