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Proteggiamo razze e squali dei nostri mari: ecco come puoi aiutare anche tu il Mediterraneo


Il 14 luglio ricorre la Giornata Mondiale degli Squali, un’occasione perfetta per puntare i riflettori su alcuni degli abitanti più antichi – e spesso fraintesi – del nostro mare. Sebbene nel Mediterraneo ci siano ancora tante sfide da affrontare, cresce ogni anno il numero di iniziative, progetti e persone impegnate per proteggere squali, razze e chimere, oggi considerate a rischio in oltre il 50% dei casi.


Secondo i dati dell’IUCN, 42 specie presenti nei nostri mari sono minacciate: si tratta di 29 squali, 12 razze e una chimera. Un dato che invita alla riflessione, ma anche all’azione. Perché la buona notizia è che qualcosa si sta muovendo, e ognuno di noi può fare la sua parte.


Squali: meno pericolosi di quanto pensiamo


Nel racconto mediatico sono spesso dipinti come predatori spietati, ma nella realtà gli squali sono fondamentali per l’equilibrio dell’ecosistema marino. Regolano le popolazioni di altre specie e contribuiscono a mantenere sana la catena alimentare. Gli attacchi all’uomo sono rari e isolati, mentre sono proprio loro a trovarsi in difficoltà a causa della pesca, dell’inquinamento e della perdita di habitat.


tSharks: scienza, tecnologia e collaborazione per salvare gli elasmobranchi


Una delle iniziative più promettenti è tSharks, un progetto europeo coordinato dall’Università di Padova con il supporto del WWF e di altri partner internazionali. L’obiettivo è semplice e ambizioso allo stesso tempo: monitorare e comprendere meglio squali e razze del Mediterraneo, per proteggerli con strumenti concreti ed efficaci.


Come? Grazie a speciali “spaghetti tag”, etichette in plastica leggere e non invasive che vengono applicate sulla pinna dorsale degli squali o sul corpo delle razze. Questi dispositivi permettono di seguire gli spostamenti degli animali nel tempo e raccogliere dati fondamentali su comportamento, aree di riproduzione e percorsi migratori.


Ad oggi, più di 2.500 esemplari sono stati taggati in cinque Paesi (Italia, Grecia, Francia, Croazia e Germania), coinvolgendo ricercatori, enti locali e operatori del settore.


Il ruolo attivo delle persone: anche tu puoi contribuire


Uno degli aspetti più innovativi di tSharks è il coinvolgimento diretto delle comunità locali: pescatori, operatori turistici, appassionati e cittadini comuni. Chiunque avvisti o catturi accidentalmente un animale marcato può segnalarlo tramite la piattaforma online o WhatsApp, contribuendo così alla raccolta di dati utili per la ricerca.


“Basta una foto e una segnalazione per fare la differenza”, spiegano i promotori del progetto. Anche un piccolo contributo può aiutare a individuare rotte migratorie, aree sensibili e comportamenti poco noti. E tutto questo può tradursi in strategie più efficaci per la conservazione.


Un Mediterraneo più consapevole


Grazie a progetti come tSharks, nel 2023 sono state individuate 65 “Important Shark and Ray Areas” (ISRA) nel Mediterraneo, 16 delle quali in Italia. Sono zone cruciali per la riproduzione, la crescita e l’alimentazione delle specie. Difenderle significa tutelare la biodiversità e, allo stesso tempo, rafforzare la salute generale del nostro mare.


Gli squali, come superpredatori, mantengono in equilibrio l’ecosistema. Le razze modellano i fondali marini, mentre le mobule – spettacolari razze pelagiche – favoriscono il trasporto di nutrienti. La loro presenza è un segnale di buona salute degli oceani.


Conoscere per proteggere


Molte di queste specie hanno cicli biologici lenti: crescono piano, si riproducono tardi e generano pochi piccoli. Per questo sono particolarmente vulnerabili, ma anche affascinanti. E oggi, grazie al lavoro di tanti ricercatori e volontari, stiamo cominciando a conoscerle meglio.


Il motto del progetto, “Tracking Sharks for Conservation”, riassume bene questa missione: capire per proteggere. E per farlo servono tutti: scienziati, istituzioni, pescatori, cittadini. Anche tu.



Foto: iStock.