Dal gennaio 2026 il mondo assisterà a una svolta che può cambiare il futuro del nostro pianeta blu. Dopo vent’anni di rinvii e trattative, entra in vigore il trattato sulla Biodiversità oltre le giurisdizioni nazionali (BBNJ), approvato all’ONU nel 2023 e ratificato da 60 Paesi nel settembre 2025. È già stato ribattezzato “l’Accordo di Parigi degli oceani”, perché per la prima volta stabilisce regole comuni per difendere la vita marina nelle aree di alto mare, quella parte immensa degli oceani che non appartiene a nessuno Stato, ma da cui dipendono tutti.
Il trattato internazionale per proteggere l’alto mare: cos’è, come funziona e cosa cambierà davvero
L’alto mare inizia oltre le 200 miglia nautiche dalla costa e copre circa due terzi degli oceani del pianeta. Eppure, fino a oggi, era come una gigantesca zona grigia, priva di protezioni: un luogo vitale per il clima, l’ossigeno che respiriamo e la biodiversità, ma trattato come un “far west” senza regole.
Il percorso verso questo traguardo non è stato facile. Da un lato, le potenze tecnologicamente avanzate non volevano limiti troppo stringenti alle loro attività di ricerca; dall’altro, i Paesi in via di sviluppo chiedevano giustizia e condivisione equa dei benefici derivanti dalle risorse, come i microrganismi utilizzati in medicina e biotecnologia. Dopo anni di contrasti, il compromesso è arrivato: un equilibrio tra libertà scientifica, tutela dell’ambiente e giustizia globale.
Con il BBNJ, l’alto mare non sarà più abbandonato a logiche predatorie. Il trattato permetterà di istituire aree marine protette internazionali, imporrà agli Stati di valutare gli impatti ambientali delle attività industriali e stabilirà principi per la condivisione dei benefici delle risorse genetiche marine. Inoltre, prevede trasferimento di tecnologie e sostegno ai Paesi meno attrezzati, così che la gestione degli oceani diventi un vero sforzo collettivo.
Gli oceani regolano il clima, producono la maggior parte dell’ossigeno che respiriamo, ospitano una biodiversità straordinaria e nutrono miliardi di persone. Senza una loro difesa concreta, gli equilibri che rendono possibile la vita sulla Terra rischiano di spezzarsi. Il trattato BBNJ non basterà a fermare da solo l’inquinamento da plastica, la pesca eccessiva o gli effetti del cambiamento climatico, ma segna un punto di svolta: l’alto mare non è più terra di nessuno, è un patrimonio comune dell’umanità.
Difenderlo non è un atto di generosità: è la condizione per continuare a vivere in equilibrio con il pianeta che ci ospita.
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