Compie mezzo secolo una delle più grandi canzoni della musica italiana: si tratta de “I giardini di marzo“, 15° singolo di Lucio Battisti, scritto da Mogol e pubblicato il 24 aprile del 1972. Un brano di Mogol, appunto, ma – soprattutto – un brano autobiografico incentrato sulla vita dopo la Seconda Guerra Mondiale e in cui vi sono temi che – oggi più che mai – sembrano attinenti con le vite di tutti noi. L’infanzia nel dopoguerra, ma anche la povertà e i problemi di natura famigliare. Una canzone che racconta una vita difficile ma vera, con brevi flashback fino a cambiare il tempo della narrazione, dal passato al presente.
 
 
I giardini di marzo: il testo della canzone
Il carretto passava e quell’uomo gridava gelati
 Al ventuno del mese i nostri soldi erano già finiti
 Io pensavo a mia madre e rivedevo i suoi vestiti
 Il piu’ bello era nero coi fiori non ancora appassiti
 All’uscita di scuola i ragazzi vendevano i libri
 Io restavo a guardarli cercando il coraggio per imitarli
 Poi, sconfitto, tornavo a giocar con la mente i suoi tarli
 E alla sera al telefono tu mi chiedevi perché non parli (mm, mm)
 Che anno è, che giorno è?
 Questo è il tempo di vivere con te
 Le mie mani come vedi non tremano più
 E ho nell’anima
 In fondo all’anima cieli immensi
 E immenso amore
 E poi ancora, ancora amore, amor per te
 Fiumi azzurri e colline e praterie
 Dove corrono dolcissime le mie malinconie
 L’universo trova spazio dentro me
 Ma il coraggio di vivere quello ancora non c’è
 I giardini di marzo si vestono di nuovi colori
 E le giovani donne in quei mesi vivono nuovi amori
 Camminavi al mio fianco e ad un tratto dicesti “Tu muori”
 “Se mi aiuti, son certa che io ne verrò fuori”
 Ma non una parola chiarì i miei pensieri
 Continuai a camminare lasciandoti attrice di ieri (mm)
 Che anno è, che giorno è?
 Questo è il tempo di vivere con te
 Le mie mani come vedi non tremano più
 E ho nell’anima
 In fondo all’anima cieli immensi
 E immenso amore
 E poi ancora, ancora amore, amor per te
 Fiumi azzurri e colline e praterie
 Dove corrono dolcissime le mie malinconie
 L’universo trova spazio dentro me
 Ma il coraggio di vivere quello ancora non c’è
 
Immagine di copertina: LaPresse