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Arriva la plastica commestibile ottenuta dai rifiuti: così l’inquinamento si trasforma in risorsa

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Pubblicato il 01/10/2025
Di Team Digital
Arriva la plastica commestibile ottenuta dai rifiuti cos linquinamento si trasforma in risorsa


A Jena, in Germania, la startup Biophelion ha sviluppato un processo biotecnologico che converte scarti ricchi di carbonio in materiali sostenibili e, in alcuni casi, persino commestibili. L’iniziativa nasce come spin-off del Leibniz Institute for Natural Product Research and Infection Biology (Leibniz-HKI) e ha preso forma anche grazie al programma statale “Circular Biomanufacturing Challenge” di SPRIND. In questo articolo vi raccontiamo come un fungo nero, capace di adattarsi a condizioni estreme, potrebbe trasformarsi in un alleato decisivo contro l’inquinamento industriale.


Il processo biotecnologico che trasforma gli scarti in risorse


La chimica industriale tradizionale, con i suoi consumi energetici elevati e gli scarti nocivi, pesa per circa il 5% delle emissioni globali di CO₂. Biophelion propone una strada diversa: sfruttare la flessibilità metabolica del fungo – simile a un lievito nero – per chiudere il ciclo del carbonio e impedire la dispersione dei gas serra. Scarti considerati oggi un problema, come i residui della produzione di bioetanolo, della lavorazione dello zucchero o dell’industria cartaria, diventano così materie prime per nuove bioplastiche.


Secondo la futura CEO Lara Regestein, il sostegno di SPRIND ha garantito non solo fondi ma anche una chiara direzione strategica. Alla guida della parte tecnologica c’è il cofondatore Till Tiso, prossimo CTO, che parla di un progetto capace di aprire applicazioni finora inesplorate. Dalla ricerca emergono tre prodotti principali:


  1. un poliestere bio-based pensato per il packaging;
  2. il pullulan, un polimero commestibile già utilizzato in campo alimentare;
  3. nuovi tensioattivi biodegradabili, ancora in fase di studio.


Gli scienziati stanno esplorando il potenziale del pullulan come alternativa alle plastiche petrolchimiche nella stampa 3D, settore in rapida crescita. In futuro, il materiale potrebbe persino essere usato per realizzare bioreattori stampati in 3D che ospitano lo stesso fungo, in grado di rigenerare il materiale in un ciclo produttivo chiuso. Sul fronte dei tensioattivi, invece, l’obiettivo è ridurre l’impatto ambientale dei prodotti per la pulizia, spesso responsabili di inquinamento nelle acque reflue.


La startup si è insediata al BioInstruments Center del campus di Beutenberg, a due passi dal Leibniz-HKI, per mantenere viva la collaborazione scientifica. Axel Brakhage, direttore del Leibniz-HKI, ha elogiato la visione e il coraggio dei fondatori, sottolineando come il supporto istituzionale sia fondamentale per trasformare un’idea innovativa in un progetto industriale concreto.




Foto: iStock.


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