Nel Golfo di Taranto, energia rinnovabile e biodiversità marina sembrano convivere senza problemi. Anzi, sembrano proprio andarsene a braccetto. È quanto emerge da uno studio firmato Legambiente e Jonian Dolphin Conservation, che ha analizzato gli effetti del parco eolico offshore Beleolico — il più grande del Mediterraneo — sulla fauna cetacea locale.
Dal 2018 al 2024 sono stati registrati oltre 1.200 avvistamenti di cetacei, anche dopo l’entrata in funzione dell’impianto, inaugurato nel 2022. I dati raccolti smentiscono le preoccupazioni più comuni sull’eolico in mare aperto: nessun impatto negativo documentato, e in alcuni casi addirittura una maggiore presenza di specie nei pressi dell’impianto.
Delfini, capodogli e… Ziphius
Tra le specie osservate ci sono delfini, capodogli, grampi (una specie di delfini noti per il manto graffiato) e perfino gli elusivi Ziphius cavirostris, cetacei che normalmente vivono nei canyon sottomarini grazie alla loro straordinaria capacità di apnea.
Gli avvistamenti hanno riguardato anche tursiopi (Tursiops truncatus) e stenelle striate (Stenella coeruleoalba). Proprio la stenella striata è risultata la più frequente, seguita dal grampo e dal tursiope.
Ma il dato più interessante riguarda il comportamento dei cetacei dopo l’installazione dell’impianto: non solo non si sono allontanati, ma in alcuni casi si sono spinti ancora più vicini. Nel 2024, ad esempio, le stenelle sono state osservate più vicine alle turbine rispetto agli anni precedenti, suggerendo un possibile utilizzo attivo dell’area da parte di questi predatori.
Il parco eolico Beleolico: i numeri
Il parco offshore si estende su uno specchio d’acqua di circa 131.000 m², con 10 turbine e una potenza complessiva di 30 MW, in grado di generare oltre 58.000 MWh/anno: energia sufficiente a coprire il fabbisogno di circa 18.500 famiglie.
Dopo l’attivazione dell’impianto, sono stati registrati 641 nuovi avvistamenti di cetacei. Un dato che, come sottolinea Legambiente, sfata molti miti su presunti effetti nocivi dell’eolico offshore sulla fauna marina.
L’approccio ecosistemico: parola chiave per il futuro
Il report, dal titolo “Energia Rinnovabile e Conservazione Marina. Il case study dell’impianto Beleolico di Taranto”, è stato commissionato da Renexia e presentato da Goletta Verde, in collaborazione con la Jonian Dolphin Conservation. La supervisione scientifica è stata affidata al Comitato Scientifico dell’associazione, guidato dal professor Roberto Carlucci dell’Università degli Studi di Bari. Per l’analisi è stata impiegata la metodologia BACI (Before-After Control Impact), usata per valutare scientificamente l’impatto di un’infrastruttura sull’ambiente.
“I risultati raccolti confermano quanto già emerso in altri studi europei: l’eolico offshore può avere un ruolo positivo nella protezione della biodiversità”, ha commentato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. “Ci auguriamo che questi dati incoraggino lo sviluppo di nuovi impianti anche in Italia.”
L’associazione ambientalista ribadisce però la necessità di un monitoraggio attento e continuo, in tutte le fasi del ciclo di vita di un parco eolico offshore: dalla progettazione allo smantellamento.
Fondamentale anche la Pianificazione Spaziale Marittima (MSP): bisogna evitare aree ecologicamente sensibili come le Aree Marine Protette, i siti Natura 2000, le rotte migratorie di uccelli e mammiferi marini, e le zone critiche per la riproduzione e l’alimentazione.
Perché sì, l’eolico offshore può essere amico dell’ambiente. Ma solo se progettato con intelligenza, ascoltando il mare e chi lo abita.
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