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L’Italia fa scuola nel mondo: siamo i primi nel riciclo di olio usato (e tutti vogliono imparare da noi)

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Pubblicato il 27/06/2025
Di Team Digital
LItalia fa scuola nel mondo siamo i primi nel riciclo di olio usato e tutti vogliono imparare da noi


L’Italia non segue le mode green: le anticipa. E quando si parla di riciclo degli oli minerali usati, lo fa con numeri che fanno impallidire il resto d’Europa. Secondo il Rapporto di Sostenibilità 2024 del CONOU, il nostro Paese rigenera il 98% dell’olio raccolto, contro una media europea ferma al 61%. Un primato costruito in quarant’anni di esperienza, che oggi altri Stati cercano di studiare, replicare e… copiare.


Da rifiuto pericoloso a risorsa preziosa


Negli anni ’80 l’Italia ha scelto una strada diversa: invece di considerare l’olio esausto un problema, ha cominciato a trattarlo come un’opportunità. Il risultato? Nel solo 2024, sono state raccolte 188mila tonnellate di olio usato, e ben 185mila sono state rigenerate, cioè trasformate in nuove basi lubrificanti di alta qualità.


“L’olio rigenerato che restituiamo è della stessa qualità di quello vergine e a prezzi di mercato”, afferma Riccardo Piunti, presidente del CONOU. Un’affermazione forte, ma confermata dai dati.


Il modello italiano che fa scuola


Il successo del sistema italiano, chiamato modello CONOU, non passa inosservato. Sempre più Paesi – dentro e fuori dall’UE – vogliono capire come funziona. Perché? Perché funziona davvero.


Questi i suoi quattro pilastri fondamentali:


  • Qualità: rigorosi controlli sull’olio in ingresso e in uscita.
  • Tracciabilità: ogni goccia è seguita lungo tutta la filiera.
  • Capillarità: 58 concessionari coprono oltre 103mila produttori.
  • Sostenibilità economica: il sistema si autofinanzia e non dipende da fondi pubblici.


I benefici per l’ambiente? Impressionanti


Per la prima volta, il sistema italiano è stato valutato attraverso un’analisi completa del ciclo di vita. Ecco i risultati:


  • 90mila tonnellate di CO₂ evitate (-45%)
  • 7,4 milioni di GJ di combustibili fossili risparmiati (-85%)
  • 49 milioni di metri cubi di acqua in meno consumati (-85%)
  • 91% di suolo risparmiato
  • Impatti cancerogeni ridotti del 42%, quelli non cancerogeni dell’86%


E tutto questo mantenendo la combustione sotto l’1,5%, contro percentuali molto più alte nel resto d’Europa.


Dove si raccoglie di più?


Il sistema è diffuso in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, ma è la Lombardia a guidare con il 21% del totale. Seguono:


  • Veneto: 11%
  • Centro Italia: 18% (Lazio 7%, Campania 8%)
  • Sud e isole: 26%


Ogni giorno, 673 mezzi CONOU percorrono oltre 25 milioni di chilometri all’anno per garantire un servizio capillare in tutta Italia.


Sempre più sostenibili


La spinta all’innovazione non si ferma: il consorzio ha avviato l’introduzione dell’HVO (Hydrotreated Vegetable Oil) come carburante alternativo al gasolio nei suoi veicoli. Una mossa concreta verso la decarbonizzazione della filiera.


E l’impatto economico?


Il modello CONOU non è solo virtuoso per l’ambiente: genera lavoro e valore. Nel 2024 ha prodotto:


  • 73,4 milioni di euro di impatto economico diretto
  • 1850 posti di lavoro in tutta Italia


Il tutto senza contributi pubblici. “Siamo un consorzio indipendente e senza fini di lucro”, ricorda Piunti. Il sistema si regge sul principio della Responsabilità Estesa del Produttore, con fondi raccolti direttamente tra gli attori della filiera.


Un modello da esportare


Mentre l’Europa resta impantanata al 61%, l’Italia guarda avanti. Il CONOU sta già investendo in nuove sinergie, sostenendo le piccole aziende familiari e combattendo l’evasione del contributo ambientale.


Insomma, non è solo un caso di eccellenza. È una dimostrazione concreta che l’economia circolare può essere motore di cambiamento reale, replicabile e sostenibile.
E oggi più che mai, è l’Europa a dover imparare dalla lezione italiana.



Foto: iStock.


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